Verso il congresso

Il Pri ha una linea autonoma ribadita all’unanimità dall’ultimo Consiglio nazionale

di Francesco Nucara

Sono comparsi sulla scena repubblicani che, dopo anni di assoluto letargo politico e partitico, dimostrano improvvisamente un giovanilismo sorprendente. Ce ne compiacciamo.

Nel Pri si è aperta una partita importante per il futuro del partito.

Quando arriva l’ora del crepuscolo, le ombre dei nani si allungano e sembrano diventare gigantesche, ma sempre di nani si tratta. All’orizzonte i repubblicani hanno un congresso e sarà un congresso duro e finalmente chiarificatore per tutti i repubblicani. La storia del Pri è, ahimè, intrisa di bugie che autorevoli dirigenti hanno seminato lungo il percorso già accidentato della politica liberal-democratica. Come si evince dall’intervista rilasciata da Giorgio La Malfa a "Il Resto del Carlino" del 3 dicembre scorso (pubblicata in altra parte del giornale), apprendiamo che Berlusconi "aveva la possibilità di esercitare una forte azione di stimolo nei confronti dell’economia del Paese ma non l’ha mai fatto". Un vero peccato che il nostro ministro nel 2005-2006 non abbia potuto far nulla, nemmeno dimettersi da ministro, visto che le cose andavano così male.

Eppure l’opportunità gli era stata data nell’ottobre del 2005, quando un altro membro repubblicano del governo aveva dato le proprie dimissioni.

E che dire del piano di Lisbona italiano, giudicato dalla Direzione generale competente di Bruxelles il peggiore tra quello dei 27 paesi dell’Unione? Certo non tutti hanno la possibilità di incontrarsi nei conventi con il governatore della Banca d’Italia, come non tutti pensano sia giusto rimproverare l’iniziativa di un giovane avvocato che intraprende un’azione legale per far pagare l’Ici al Vaticano.

E non tutti i dirigenti repubblicani hanno la possibilità di fruire gratuitamente dell’assistenza legale dello stesso giovane avvocato, in una lite civile dalla quale potrebbero scaturire ulteriori sviluppi.

Apprendiamo, sempre nella stessa intervista, e ne siamo felici, che le organizzazioni periferiche del Pri hanno piena autonomia nel decidere le alleanze elettorali.

Non basta essere laureati in legge per bene interpretare gli statuti.

Anche perché ad un’autonomia di Consociazioni provinciali e di Federazioni regionali corrisponde un’autonomia gerarchicamente superiore, che è quella della Direzione nazionale.

Ebbene, che gli amici repubblicani sappiano che il Pri deve avere una propria linea autonoma, quella già tracciata dal Convegno di Milano dell’ottobre 2007 e ribadita all’unanimità dall’ultimo Consiglio nazionale. Ed è anche bene che chi osteggia quella linea, sostenendo qualche mese dopo che la "spinta programmatica" del Pri era esaurita e bisognava che si ponesse fine ad una storia secolare per inseminare il Pdl della cultura repubblicana, illuminasse la "massa" dei suoi (in vero pochi) amici repubblicani sui suoi recenti orientamenti.

Abbiamo resistito e ci siamo rifiutati di consegnare le bandiere repubblicane al Pdl. Non siamo saliti sul palco del Pdl a Roma. Altri erano già saliti sullo stesso palco a Milano.

E’ nostro dovere usare il linguaggio della verità con i repubblicani.

E lo faremo: costi quel che costi.

P.s.: ricordiamo a dirigenti e parlamentari repubblicani che il Pri non ha cambiato sede e che, per inciso, nella graziosa via Parma, di rimarchevole (ai fini politici), esiste solo un discreto ristorante.

Roma, 7 dicembre 2009